TAR Veneto, sez. III, 19/01/2023, n. 91
Non è illegittima la modifica dell’AIA di un impianto di trattamento chimico-fisico-biologico dei rifiuti laddove impone l’obbligo del rispetto di determinati valori limite nell’immissione nelle acque dei PFAS ancorché le sostanza perfluoroalchiliche non siano indicate nel Codice dell’ambiente nell’elenco dei “Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura” relativi agli scarichi industriali (Tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte III del d.lgs. 152/2006), ma solo tra gli Standard di qualità Ambientale per le acque superficiali, da applicare, ai fini della determinazione del buono stato chimico delle acque superficiali (Tabelle 1/A e 1/B dell’Allegato 1 alla Parte III, siano state inserite col del d.lgs. n. 172 del 13/10/2015) in quanto in relazione all’attività esercitata dalla ricorrente non esiste una BAT che prenda in considerazione gli effetti potenziali delle immissioni nell’ambiente dei PFAS, ovvero la possibilità che incidano sulla salute dell’uomo e che necessitino in via precauzionale di essere abbattute, per cui non può che trovare applicazione il comma 5 ter dell’art. 29 sexies del D.Lgs. 152/06, il quale consente all’autorità competente di individuare le condizioni dell’autorizzazione nel caso in cui il processo o l’attività non sia contemplato da specifiche BAT, ovvero esse non contemplino gli effetti potenzialmente dannosi dell’attività o del processo.
E’ illegittima la modifica dell’AIA che imponga limiti per le sostanze PFAS agli scarichi in un corpo superficiale di un depuratore di un impianto di trattamento di rifiuti senza che sia stato dimostrato il nesso causale tra attività svolta dall’impianto e la presenza di sostanze PFAS nel corpo idrico, giacché ne deriva la violazione della fondamentale regola “chi inquina paga”, nonché dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e buon andamento dell’azione amministrativa, essendo imposto un obbligo di bonifica per ridurre l’inquinamento comunque generato da soggetti terzi responsabili della presenza (ancorché silente) delle PFAS nella falda che refluisce comunque nel corpo idrico superficiale a prescindere dall’utilizzo delle stesse da parte della ricorrente.