PFAS favoriscono l’ipertensione e il rischio cardiovascolare: la prova scientifica
La vasta contaminazione ambientale dell’acqua potabile da parte di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) ha innescato un aumento significativo dei livelli plasmatici di acido pentadecafluoroottanoico (PFOA) e acido perfluoroottansolfonico (PFOS) nella popolazione dell’Area Rossa della provincia di Vicenza, fortemente colpita dalla contaminazione e caratterizzata da un’elevata incidenza di ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari.
Per comprendere se ci fosse un legame tra i PFAS e l’ipertensione arteriosa, un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di neuroscienze (In) del Cnr ha condotto uno studio approfondito.
I risultati di questa ricerca, pubblicati sull’International Journal of Molecular Sciences, hanno rivelato che i PFAS, in particolare il PFOA e il PFOS, presenti nel sangue dei residenti dell’Area Rossa della provincia di Vicenza, causano un notevole aumento della produzione di aldosterone, un ormone che contribuisce all’aumento della pressione arteriosa. Questo effetto dannoso dei PFAS è attribuito alle loro proprietà ossidanti, che generano un incremento dei radicali liberi dell’ossigeno all’interno delle cellule di cortico-surrene umano. Gli studiosi hanno identificato che questo aumento dei radicali liberi avviene nei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule, che sono anche gli organelli responsabili della produzione di aldosterone.
Questo studio fornisce la prima prova scientifica che un inquinante ambientale può contribuire all’insorgenza dell’ipertensione arteriosa, suscitando un ampio interesse a livello internazionale.
Il problema è che i PFAS sono sostanze ampiamente diffuse e che l’esposizione a esse è comune nella vita quotidiana e, mentre negli Stati Uniti la loro produzione è stata vietata, nell’Unione Europea è ancora ammessa.
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Di seguito lo studio completo