I vegetali freschi o minimamente processati hanno una shelf life molto ridotta poiché soggetti ad un rapido deterioramento microbico, dovuto spesso a microrganismi che contaminano l’ambiente naturale o quello industriale. Alcune operazioni come la cottura, la pastorizzazione e l’aggiunta di conservanti (acido citrico o acetico), sono opzioni tecnologiche tradizionali che garantiscono l’ottenimento di prodotti vegetali stabili e sicuri ma che presentano diversi inconvenienti. Ad esempio, spesso portano ad una serie di cambiamenti delle caratteristiche chimico-fisiche dei vegetali non sempre desiderabili e inoltre non si adattano più alle nuove tendenze di mercato. Ad oggi, infatti, il consumatore moderno richiede sempre più spesso prodotti meno processati ed è più attento agli ingredienti riportati in etichetta, la richiesta di alimenti ad “etichetta pulita” è, di fatto, in continuo aumento.
Una valida opzione biotecnologica per il trattamento dei vegetali è la fermentazione lattica, che permette di ottenere prodotti sicuri, con ottime proprietà organolettiche e nutrizionali. Inoltre, il processo fermentativo migliora la digeribilità dei vegetali, previene la comparsa di prodotti indesiderati e aiuta ad ottenere prodotti probiotici.
Tra le metodiche più diffuse per l’estensione della conservabilità degli ortaggi vi è la conservazione in salamoia, questa agisce da matrice selettiva sullo sviluppo di microrganismi potenzialmente alteranti. Il raggiungimento di un livello di pH inferiore a 4.5 è uno dei più importanti obiettivi biotecnologici per garantire un ottimale livello igienico sanitario e una lunga conservabilità del prodotto.
Nello studio qui descritto, svolto presso i laboratori di Microbiologia degli Alimenti della Sapienza in collaborazione con Fosan, si è inteso valutare l’impiego di starter, appartenenti alla specie Lactiplantibacillus plantarum, per causare un’acidificazione guidata di ortaggi in salamoia che possa sostituire l’acidificazione chimica spesso impiegata a livello industriale, valutando al contempo eventuali vantaggi sul profilo sensoriale, shelf-life e caratteristiche chimico-fisiche dell’ortaggio.
L’ortaggio impiegato nello studio è stata la zucca della varietà Moscata, appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae. Dopo una prima fase di preparazione (lavaggio, taglio e blanching) si è passati alla fase sperimentalei. L’obiettivo centrale dello studio era la selezione dello starter microbico più idoneo e dei parametri tecnologici più adatti a fermentare la matrice nel minor tempo possibile, rispettando i criteri di sicurezza, in modo da sviluppare un protocollo che potesse adattarsi alle produzioni industriali e relativi tempi gestionali.
I risultati dei primi test sono stati incoraggianti, attestando le capacità tecnologiche di L. plantarum che si è dimostrato in grado di effettuare una fermentazione veloce e sicura, compatibile con le tempistiche dei processi industriali. Dalle varie analisi condotte (microbiologiche, delle caratteristiche biochimiche e strutturali) sono stati comprovati una serie di vantaggi che la fermentazione apporta sul prodotto finito (texture più compatta, colore più intenso, proprietà organolettiche più stabili), confermandosi ancora una volta come processo biotecnologico sicuro e conveniente.