Valori limite di PFAS nelle acque di abbeverata e nei mangimi in relazione ai rischi di potenziale bioaccumulo negli animali da reddito

Articolo test

A cura del Comitato scientifico Osservatorio PFAS

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici che a causa della loro persistenza e capacità di bioaccumulo rappresentano una fonte di preoccupazione particolarmente rilevante per l’ambiente e per la salute umana. Possono contaminare le acque da diverse fonti, e la loro presenza nelle acque potabili, di abbeverata e negli ecosistemi acquatici suscita apprensione per la sicurezza idrica e alimentare. Appare fondamentale stabilire una correlazione tra la presenza di PFAS nelle acque di abbeverata o per acquacoltura con il bioaccumulo negli animali produttori di alimenti. Infatti, per ottenere cibi sicuri è essenziale limitare i livelli di bioaccumulo lungo la filiera produttiva agroalimentare; tuttavia, sia la normativa nazionale sia quella europea sono carenti riguardo alle componenti “a monte” delle filiere quali: acque di abbeverata, per acquacoltura o irrigue, mangimi, fertilizzanti. Ad esempio, uno studio dell’ISS del 2019, effettuato nelle zone contaminate del Veneto, ha riscontrato una presenza superiore ai limiti consentiti di PFAS sia negli alimenti di origine animale che di origine vegetale.

L’acqua rappresenta il maggiore veicolo di contaminazione ambientale da PFAS e l’alimentazione (acqua compresa) rappresenta la principale via di esposizione per la popolazione umana; pertanto, un aggiornamento della normativa vigente in materia appare più che mai necessario. Le normative vigenti si concentrano prevalentemente sulla qualità delle acque destinate direttamente al consumo umano, mentre non riguardano specificamente quelle ad uso zootecnico. Il decreto legislativo 18/23, fissa un limite di 0,50 µg/l per la totalità dei PFAS e di 0,10 µg/l per quelli ritenuti preoccupanti nelle acque destinate al consumo umano.

Soltanto la regione Veneto ha emesso una nota in relazione al Regolamento (UE) 2022/2388 per il monitoraggio delle acque ad uso zootecnico.

Inoltre, alla luce dei dati riportati nella Relazione dell’ISS del 2019, confrontati con i limiti finalmente definiti dal Regolamento (UE) 2023/915, risulta che tali limiti siano piuttosto elevati e potrebbero portare ad un superamento della dose massima settimanale tollerata (TWI) definita da EFSA nel 2020. Questi limiti vanno stabiliti per famiglie di molecole e non per le singole molecole, in quanto il rischio è quello di dover costantemente inseguire le nuove molecole inserite nel commercio.

Quantificando i fabbisogni idrici e alimentari delle diverse specie animali produttrici di alimenti risulta evidente che la presenza di PFAS nell’acqua e nel mangime comporti un rischio elevato di contaminazione e, conseguentemente, di potenziale bioaccumulo. Questa considerazione è sostenuta da un numero crescente, anche se ancora limitato, di studi sul bioaccumulo di residui di PFAS.

Resta attuale la questione della strategia analitica più efficiente per il rilevamento di queste sostanze inquinanti nell’acqua e in altre matrici, anche in relazione all’avvento di nuove sostanze perfluorate. La LC-MS/MS, con rilevatore triplo quadrupolo o ad alta risoluzione, è la unica tecnica analitica in grado di definire specificatamente e quantitativamente gli analiti di interesse nei limiti richiesti, ma risulta costosa e complessa; inoltre, l’indisponibilità degli standard analitici, relativi ai PFAS di nuova generazione, rende critica la quantificazione di tali sostanze. La Combustion Ion Cromatography (CIC), invece, è aspecifica, ma è in grado di dare una quantificazione del fluoro organico totale, con costi contenuti, tale metodo potrebbe essere sviluppato per lo screening qualitativo preliminare.

In conclusione, la posizione dell’Osservatorio PFAS in merito al tema della contaminazione delle acque di abbeverata è la seguente:

  • È necessario stabilire dei limiti massimi di contaminazione da PFAS per le acque di abbeverata non superiori a quelli fissati per le acque destinate al consumo umano
  • Considerare nella definizione dei limiti le famiglie di sostanze perfluoroalchiliche, definendole sia per i composti noti che per quelli di nuova generazione
  • Dare attenzione ad altre componenti della filiera agroalimentare, come acqua irrigua, mangimi, fertilizzanti

Quanto sopra esposto richiede di potenziare le attività di monitoraggio della qualità delle acque, anche creando banche dati, rendendo disponibili gli standard e metodiche di screening.